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LA CAPPELLA SAN SEVERO.
La Cappella Sansevero dei Sangro racchiude le spoglie dei membri della famiglia si trova in Piazza San Domenico Maggiore in via Francesco de Sanctis n. 17. Tra il 1744 e il 1766, quella che in origine era una semplice chiesetta, divenne con Raimondo uno dei luoghi più misteriosi di Napoli. Egli chiamò presso di sé i più rinomati scultori e pittori perché dessero vita a un progetto tutto particolare. Gli artisti che lavorarono nella cappella seguirono le precise istruzioni del principe e riferirono che egli fornì strani colori e un tipo di mastice che una volta asciutto assomigliava in tutto e per tutto al marmo. Il risultato è un piccolo gioiello del tardo barocco con statue, stucchi, marmi e oro. Ogni cosa ha un suo preciso significato, le statue che sono quasi tutte femminili, lanciano il loro messaggio attraverso i vari oggetti che tengono in mano o che giacciono ai loro piedi. Libri, compassi, fiori, cornucopie, caducei fiammelle e cuori. La statua dedicata alla madre è "La Pudicizia"di A. Corradini e rappresenta una donna nuda coperta da un velo. Osservando questo velo scolpito si ha l’impressione che sia stato steso solo in seguito al completamento del corpo di donna. Il monumento funebre dedicato al padre, Antonio di Sangro, è "Il Disinganno"di F.Queirolo e rappresenta un uomo che lotta per liberarsi di una rete. E il famoso"Cristo velato" di G. Sammartino, una scultura che lascia il segno per il suo eccezionale realismo. Sia il velo che la rete fanno pensare all’uso di quel mastice-marmo descritto dagli artisti che lavorarono al restauro della Cappella.
Forse è vero che il principe aveva creato un materiale estremamente malleabile che una volta asciutto diventava uguale al marmo. Oppure, un liquido capace di cristallizzare qualsiasi materia rendendola simile al marmo. Materiali di natura alchemica? Può essere.
Quando si parla del principe Raimondo di Sangro sovviene immediatamente anche un altro celebre aneddoto, che riguarda la vicenda delle cosiddette macchine anatomiche. E' ancora possibile vedere questi strani e macabri oggetti nella già citata Cappella Sansevero a Napoli. Due corpi, uno maschile e uno femminile: sono composti dallo scheletro e dal groviglio inestricabile delle vene e dei capillari che avvolgono le ossa come un reticolo fittissimo. L’intero apparato cardiocircolatorio che avvolge lo scheletro è stato, in pratica, pietrificato e ancora oggi non è chiaro come sia stato ottenuto un simile risultato. Particolare impressionante è che la donna era incinta. Sono ben visibili i resti del feto ai suoi piedi.

 RAIMONDO di SAGRO Principe di San Severo
Dei tanti Principi di San Severo vissuti a Napoli il più vivo nella fantasia popolare è sicuramente Raimondo, un personaggio davvero sorprendente vissuto nel XVIII secolo e più precisamente tra il 17 10 e il 1771. Di lui si è detto che fu naturalista, filosofo, astronomo, poeta, scrittore, soldato, mecenate. Una personalità poliedrica, entrò a far parte della confraternita dei Rosa-Croce, dove venne iniziato agli antichi riti alchemici. Egli amava praticare di persona ogni genere di esperimenti. ...di notte non era raro vedere strani fumi colorati o sentire odori particolari, da qui l’appellativo di stregone, che gli attribuì il popolo napoletano. Raimondo Di Sangro affermava di aver inventato una lampada perpetua; e qualcuno ritiene che avesse realizzato una carrozza che poteva muoversi per brevi tratti senza bisogno di cavalli. Inoltre - e ciò è documentato - Di Sangro progettò una sorta di carrozza anfibia in grado di attraversare gli specchi d'acqua. In particolare il principe Raimondo era affascinato dall'anatomia e dalla fisiologia del corpo umano. Ancora di più, voleva trovare il modo di diventare immortale. Fu così che arrivò alla creazione di un prodotto dalla composizionemisteriosa, che nelle intenzioni dei principe sarebbe stato addirittura in grado di resuscitare i morti.
Narra la leggenda che Ralmondo, dopo aver ordinato ad un servo di fare a pezzi il suo cadavere e di riporlo in un baule, decise il momento della propria dipartita ed assunse la misteriosa sostanza. Il corpo dei principe avrebbe dovuto rimanere nel baule per un certo periodo di tempo, dopodiché egli sarebbe tornato in vita. Ma i familiari del principe, venuti a sapere dell'esistenza del baule e credendo che in esso si celasse un favoloso tesoro, si fecero prendere dall'avidità. il baule fu aperto anzitempo. Lo spettacolo che ne segui è degno diun film dell'orrore. Era di nuovo "vivo", ma il processo di saldatura degli arti non aveva potuto completarsi, e il principe era divenuto una creatura orripilante e grottesca. In mezzo al terrore dei presenti, ciò che era stato Raimondo di Sangro urlò e si accasciò nuovamente nel baule, cadendo a pezzi. Di fatto, morì una seconda volta, definitivamente.

 

 Cristo velato   

Posto al centro della navata della Cappella Sansevero, ilCristo velatoè una delleopere più note e suggestive al mondo. Nelle intenzioni del committente, la statua doveva essere eseguita da Antonio Corradini, che per il principe aveva già scolpito la Pudicizia. Tuttavia, Corradini morì nel 1752 e fece in tempo a terminare solo un bozzetto in terracotta del Cristo, oggi conservato al Museo di San Martino. Fu così che Raimondo di Sangro incaricò un giovane artista napoletano, Giuseppe Sanmartino, di realizzare “una statua di marmo scolpita a grandezza naturale, rappresentante Nostro Signore Gesù Cristo morto, coperto da un sudario trasparente realizzato dallo stesso blocco della statua”. Sanmartino tenne poco conto del precedente bozzetto dello scultore veneto. Come nella Pudicizia, anche nel Cristo velato l’originale messaggio stilistico è nelvelo, ma i palpiti e i sentimenti tardo-barocchi di Sanmartino imprimono al sudario un movimento e una significazione molto distanti dai canoni corradiniani. La moderna sensibilità dell’artista scolpisce, scarnifica il corpo senza vita, che le morbide coltri raccolgono misericordiosamente, sul quale i tormentati, convulsi ritmi delle pieghe del velo incidono una sofferenza profonda, l'incavo del ventre denutrito, la piaga del costato e le lacerazioni delle mani e dei piedi. quasi che la pietosacopertura rendesse ancor più nude ed esposte le povere membra,ancor più inesorabili e precise le linee del corpo martoriato. La vena gonfia e ancora palpitante sulla fronte, le trafitture dei chiodi sui piedi e sulle mani sottili, il costato scavato e rilassato finalmente nella morte liberatrice sono il segno di una ricerca intensa che non dà spazio a preziosismi o a canoni di scuola, anche quando lo scultore “ricama” minuziosamente i bordi del sudario o si sofferma sugli strumenti della Passione posti ai piedi del Cristo. La magistrale resa del velo, che si deve al virtuosismo fuori del comune dell'artista, ha nel corso dei secoli dato adito a una leggenda secondo cui il principe committente, il famoso scienziato e alchimista Raimondo di Sangro, avrebbe insegnato allo scultore la calcificazione del tessuto in cristalli di marmo. Da circa tre secoli, infatti, molti visitatori della Cappella, impressionati dal mirabile velo scolpito, lo ritengono erroneamente esito di una "marmorizzazione" alchemica effettuata dal principe, il quale avrebbe adagiato sulla statua un vero e proprio velo, e che questi si sia nel tempo marmorizzato attraverso un processo chimico. Il Cristo velato è stato ricavato da un unico blocco di marmo, «come si può constatare da un'osservazione scrupolosa e come attestano vari documenti coevi alla realizzazione della statua». Una ricevuta di pagamento a Sanmartino in data 16 dicembre1752, firmata dal principe e conservata presso l'Archivio Storico del Banco di Napoli, recita: «E per me gli suddetti ducati cinquanta gli pagarete al Magnifico Giuseppe Sanmartino in conto della statua di Nostro Signore morto coperta da un velo ancor di marmo». E lo stesso di Sangro, in alcune lettere, descrive il velo come «realizzato dallo stesso blocco della statua»

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